I problemi dei figli sono colpa dei genitori?

E’ complicato essere genitori oggi.

Siamo stati definiti a più riprese elicotterispazzaneve, incapaci di dare semplici regole, e chi più ne ha più ne metta. Ogni fatto di cronaca che colpisce bambini o giovani ha come immediato corollario un giudizio sui genitori, sulla scuola, sui servizi. Una frase che ho letto moltissime volte nei commenti in rete è “la colpa è dei genitori”.

Il senso di colpa e il rimorso, come emozioni sono assolutamente naturali, ed è bene che esistano, perchè ci danno il limite delle nostre azioni, della libertà che ci possiamo concedere nel comportarci in un certo modo. Una vita senza sensi di colpa, è una vita senza regole e senza compassione per l’altro. Quindi preso da solo, il senso di colpa è semplicemente un segnale del fatto che dobbiamo cambiare rotta, che dobbiamo chiedere a noi stessi come migliorare il nostro comportamento, così come il dolore ci avverte di tenere le mani lontane dal fuoco. In questo modo ci risparmia dall’esclusione sociale, che per noi esseri umani, in quanto primati, è uguale alla morte.

Insomma, guai a non avere sensi di colpa.

Quello su cui sono un po’ più rigida è quello che accade dopo: il giudizio che ne consegue e che tanto spesso, comprensibilmente, dilania i genitori che vedo nel mio studio e di cui in rete è tanto comune leggere.

Vi scrivo una cosa fondamentale, talmente importante per me che la metterò in corsivo e a capo:

più conosco i genitori e più rimango nella convinzione che nessuno mai fa meno del proprio meglio per i propri figliTutti desiderano il meglio per i propri figli, assolutamente.

Quello che accade è che nell’interagire con i nostri figli spesso siamo più istintivi perchè accecati dai dispiaceri che non siamo stati capaci di superare, dai nostri punti deboli.

Sono una persona molto golosa di dolci e mi dispiace perchè so che questa mia debolezza per varie ragioni non giova per niente alla mia salute. Su molti argomenti per me, nel corso dei giorni, è più o meno facile dare una regola a mio figlio e spiegargliela con poche semplici parole commisurate all’età. Sulla sua alimentazione i miei interventi sono molto meno ragionati, più impulsivi e non sempre brillanti.

Mi sento in colpa? Sì.

Sbaglio tutto? Sono un cattivo genitore? No (almeno. Non credo 🙂 ).

Mi sto interrogando su come migliorare? Sì.

Per lavoro incontro sempre i familiari, anche dei miei pazienti adulti. Ho assistito a molti pianti affranti per il fatto di trovarsi nella situazione di parlare con me e lo capisco benissimo. Ma mai, mai, mai una volta ho pensato di puntare il dito.

Spesso per spiegare cosa sia la conoscenza tacita uso un esempio pratico: “Si ricorda quando ha imparato che la capitale dell’Italia è Roma?”, nessuno mi ha ancora risposto sì, nemmeno per dispetto. Si impara in un tempo così precoce della nostra vita, in momenti ordinari, per così dire, della nostra vita, che ricordiamo cosa, ma non ricordiamo nè comenè quando lo abbiamo imparato.

Un altro esempio che uso frequentemente è quello della scuola guida.

Quando ho imparato a guidare mi ripetevo in maniera esplicita le operazioni necessarie per accendere l’auto, partire e fermarmi (accensione, frizione, acceleratore, frizione freno ecc). Ora ho delle difficoltà a descrivere verbalmente come si cambia marcia (provate!), perchè quel patrimonio di conoscenze è diventato talmente abituale che, mentre guido, penso ai fatti miei e tutto il resto va in automatico.

Ebbene, in un’età molto precoce della nostra vita abbiamo fatto qualcosa di simile sull’idea che abbiamo di noi stessi, della nostra amabilità, del nostro rapporto con gli altri e su come è fatto il mondo, e guidiamo inconsapevoli delle manovre che facciamo perchè sono abituali e apprese tanto tanto tempo fa. I dispiaceri possono essere molto antichi e si trasmettono nelle generazioni in questo modo.

Ovvero: se pretendiamo molto dai nostri figli, forse può esserci capitato di aver fallito e di non averlo superato, perchè implicitamente siamo rimasti delusi da noi stessi e vorremmo risparmiare questo dispiacere ai nostri figli. Oppure, per fare un altro esempio, ci siamo sentiti fragili e vulnerabili di fronte a una malattia e proteggiamo i nostri figli dalla vulnerabilità che abbiamo sentito ricoprendoli di maglie sciarpe e sciarpette. Siamo spazzaneve, elicotteri, iperprotettivi, pigri ecc?

No.

Siamo esseri umani e abbiamo sofferto.

Ci dobbiamo sentire in colpa?

Sì. O per lo meno, è umano sentirsi così, è utile per capire di dover cambiare rotta.

Ci dobbiamo crogiolare nel senso di colpa?

No. Ci dobbiamo impegnare, ovviamente.

La cosa migliore che possiamo fare per noi stessi e per i nostri figli è superare i nostri dispiacere, impegnarci ad essere meno vulnerabili ai nostri punti deboli, cercando di lasciare i nostri figli liberi di vivere la propria vita, accettando il fatto che anche loro hanno un percorso da vivere con le loro sfide e i loro punti deboli.

Avranno anche loro difficoltà e punti deboli, perchè la vita è fatta così, anche se cuore di mamma e papà desidera tanto risparmiarglielo.

E per il resto: in bocca al lupo a me stessa e a tutti voi 😉

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