Articolo originale su MusicMap – by Leo Cotugno
Hanno scelto di regalare al loro primo concept album, partorito in quasi 25 anni di storia artistica, una espressione tra le più celebri della lingua latina. ”Omnia sunt Communia”, il credo del G.A.S. Gruppo Autonomo Suonatori nel segno del progressive rock.
La formazione, nata a Follo in provincia di La Spezia nel 1997 per volontà di Claudio Barone, coglie nel segno con questo disco in cui tutto è di tutti – questa la traduzione letterale del titolo dell’ album – ergendo la libertà che trionfa, ovunque: anche nella musica.
Dopo oltre venti anni di onorata attività sul palco, il gruppo spezzino si muove letteralmente calamitato dalle sonorità tipiche del genere rock italiano degli anni Settanta, esibendo a più riprese i repertori delle band storiche del periodo. Sono famose le collaborazioni di Barone stesso (vocalist, bouzuki e mandolino nella band) con Tony Pagliuca delle Orme, Martin Grice ed Ettore Vigo dei Delirium.
La sua interpretazione coglie luminose essenze di una narrazione incisiva dove si va subito al centro dell’argomento; intensi sono i passaggi de “Il sacco di Bisanzio”, a nostro parere il brano migliore degli otto che compongono l’ album, od i solenni nove minuti del brano che gli dà il titolo, un enorme armonico caleidoscopio di suoni in cui tutto partecipa ad una straordinaria unicità. E poi il flauto traverso di Andrea Imperato, il pianoforte ed il flauto irlandese di Andrea Foce, le chitarre (elettrica ed acustica) ed il basso di Simone Galleni, le percussioni e la batteria di Walter Bono.
Dopo 25 anni il Gruppo Autonomo Suonatori ha deciso per un prog rock puro, allo stato naturale, che non è di nicchia ma mira ad essere di tutti. Si sentono dentro il disco le tracce del Banco del Mutuo Soccorso, delle Orme, degli Emerson Lake and Palmer. Nei due ”Preludio”, soprattutto nella seconda parte, evidenti sono i ricorsi alle sonorità classiche in continua metamorfosi, che tornano in tono maestoso nel finale della title track, con l’ausilio dell’organo a canne.
Lo strumento di ognuno copre in modo omogeneo senza mai prevaricare sugli altri: il prog rock, prima forma di pensiero che rispecchia la voglia della gioventù di rivoluzionare il mondo, esplode in un crescendo in ”Alice Spring”, introdotta da una danza tribale per poi seguire le matrici del classico, mentre invece ”La Regina”, brano che fa da collante tra il più acid progressive e il romantico, ha atmosfere avvolgenti che scoprono la parte più intimista del gruppo.
Il consiglio è quello di ascoltare sempre molto a fondo questo lavoro di grande partecipazione, ogni volta ci si può imbattere sempre in qualcosa di nuovo!